Accordo Ue-Canada, un anno dopo il cibo made in Italy vende il 7,4% in più

Primo bilancio dell'accordo di libero scambio Ceta tra Unione europea e Canada. Crescono anche le esportazioni di macchinari

L’accordo di libero scambio commerciale tra Europa e Canada, Ceta (acronimo per Comprehensive economic and trade agreement) continua a suscitare polemiche anche nei giorni in cui si festeggia il suo primo anniversario. Il trattato, al momento in vigore in fase provvisoria, è stato firmato il 21 settembre 2017, ma dipende dalla ratifica di tutti i paesi membri dell’Unione per entrare in funzione in modo definitivo. Ed è proprio questo uno dei punti dolenti, perché non tutti sono convinti dei suoi effetti positivi.

L’accordo ha eliminato i dazi sul 98% dei prodotti che l’Unione europea esporta in Canada e, secondo le ultime stime, si pensa che quando tutte le riduzioni tariffarie saranno effettive il risparmio complessivo sui dazi sarà di circa 590 miliardi di euro ogni anno. Inoltre, le imprese dell’Unione avranno sempre maggiori opportunità per partecipare a gare d’appalto pubbliche in Canada, non solo a livello federale ma anche provinciale e municipale.

"Mi fa molto piacere constatare i progressi finora conseguiti dall'accordo commerciale Ue-Canada, in vigore ormai da un anno. Nel complesso l'export è ripartito e molti settori hanno registrato un incremento considerevole”, afferma Cecilia Malmström, commissaria Ue responsabile per il Commercio, che i prossimi 26 e il 27 settembre incontrerà i suoi omologhi canadesi per stilare un bilancio dei progressi raggiunti fin qui.

Nei giorni in cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ufficialmente dato avvio a nuovi dazi “punitivi” per oltre 200 miliardi di dollari di import dalla Cina, il Ceta fa registrare quindi alcuni passi in avanti. Secondo i dati della Ue, le esportazioni comunitarie verso il Canada sono aumentate del 7% durante questo primo anno di accordo. Alcuni settori specifici hanno beneficiato in modo molto sensibile delle condizioni commerciali favorevoli. Tra questi, si registra un incremento superiore all’8% nel comparto macchine, apparecchi e congegni meccanici, un aumento del 10% per i medicinali, di un altro 10% per quanto riguarda il mobilio, 11% in profumi e cosmetici, l’8% nelle calzature e un altro 11% nell’abbigliamento. Si registrano inoltre dati incoraggianti per le esportazioni di prodotti agricoli come frutta fresca e a guscio (+29%), cioccolato (+34%), spumante (+11%) e whisky (+5%).

Ma è proprio quello dell’agroalimentare il settore dove, dall’Italia, si fanno sentire i dubbi più grandi all’efficacia dell’accordo. L’Unione riporta che le esportazioni di prodotti agricoli italiani in Canada hanno visto un incremento del 7,4% in un anno. In virtù dell’accordo, inoltre, 143 prodotti contrassegnati da “indicazione geografica” possono essere ora venduti in Canada con la propria denominazione e sono protetti da imitazioni.

È proprio su quest’ultimo punto però che Coldiretti, e i numerosi agricoltori italiani che rappresenta, si sono schierati contro il Ceta fin dall’inizio, perché, fa sapere l’associazione in un comunicato recente, “il Canada festeggia con la produzione di ben 5,6 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), di 4,5 milioni di ricotta locale, di 1,9 milioni di chili di Provolone taroccato ai quali si aggiungono addirittura 72 milioni di chili di mozzarella e ben 364 mila chili di un non ben identificato formaggio Friulano, che certamente non ha nulla a che vedere con la Regione più a Nord est d’Italia”.

Secondo i dati dell’associazione, la distribuzione del falso made in Italy è salito del 70% in dieci anni, consolidando un mercato che vale 100 miliardi di euro nel solo settore agroalimentare.