Gazzetta di Modena

Modena

Il caldo africano mette in pericolo l’aceto balsamico

di Martina Stocco
Un'acetaia di balsamico tradizionale
Un'acetaia di balsamico tradizionale

Troppo caldo, la Consorteria dell'aceto balsamico tradizionale di Modena è preoccupata: «La fermentazione si velocizza e compromette la qualità». Ecco una serie di consigli per chi ha le botti per salvare il prodotto 

08 agosto 2017
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Nelle ultime settimane non si è parlato d’altro che del gran caldo che ha invaso la nostra penisola. Temperature da record hanno messo in ginocchio molti agricoltori e allevatori da Nord a Sud. A risentirne anche la fauna selvatica.

Ma, non è finita perché i residenti di Modena e provincia, hanno una preoccupazione in più: cosa succede dentro alle botti d’aceto balsamico con questo caldo?

«C’è molta apprensione a riguardo, il caldo è un nemico della produzione di acetto - esordisce Maurizio Fini Gran Maestro della consorteria del balsamico tradizionale - ecco perché abbiamo predisposto una serie di consigli che possono aiutare i produttori a combattere il caldo in acetaia».

Le indicazioni principali sono: tenere ben sigillate le botti più piccole, umidificare esternamente il legno delle stesse con panni o spugne imbevute d’acqua e aceto, e mettere un recipiente pieno d’acqua in acetaia, sono alcune tra le accortezze più semplici da mettere in pratica.

Ma, cerchiamo di capire cosa avviene in una batteria di balsamico quando la temperatura supera i 30, 40°C in estate e in inverno il clima continua ad essere mite. Lo abbiamo chiesto a Franco Satrioni produttore e maestro assaggiatore.

«Le misurazioni nelle botti d’aceto, come, per esempio, l’acidità, il grado zuccherino e la densità - spiega Satrioni- si effettuano, con temperature attorno ai 15, 20°C perché sono quelle ideali per i microrganismi presenti nell’aceto balsamico. Al di sotto, e al di sopra di queste, i batteri responsabili della fermentazione acetica smettono di lavorare».

Ed è un problema?

«Solitamente no - dice il produttore - perché è normale nell’aceto balsamico che ci siano, con l’alternanza delle stagioni, periodi in cui l’attività nelle botti è nulla o va a rilento. Il problema insorge quando gli inverni sono poco freddi e le estati troppo calde, come negli ultimi anni».

Cosa succede?

«Con elevate temperature le fermentazioni alcoliche avvengono più velocemente del previsto - ricorda l’esperto - ma, per avere un prodotto pregiato la fermentazione alcolica dev’essere lenta. Un altro momento cruciale è quello di maturazione e invecchiamento. La cristallizzazione del glucosio costituisce uno degli inconvenienti più pericolosi nella produzione di balsamico. Il caldo favorisce l’evaporazione dell’acqua e, di conseguenza, si concentra lo zucchero, che cristallizza e sedimenta. A questo punto bisogna togliere la parte sedimentata e aggiustare il prodotto con oculati rincalzi e travasi».

Cos’altro?

«Bisogna non concentrare eccessivamente il mosto cotto - elenca Satrioni - fare fermentazioni alcoliche ben mirate e chiudere i cocchiumi dei barili più piccoli. Si deve, inoltre, controllare la tenuta delle botti. Quando c’è molto caldo, la parte esterna del legno si può asciugare e perdere aceto. Per questo è utile bagnare con aceto della botte madre la parte esterna della botticella. Infine, controllare la tenuta delle botti e se occorre stringere i cerchi in metallo».

E se queste estati calde diventeranno la norma?

«Al perdurare di questi climi - conclude Satrioni - si dovrà pensare ad azioni correttive, in certi periodi dell’anno molto caldi, come l’utilizzo di climatizzatori, non previsti, per ora, dal disciplinare dell’aceto balsamico tradizionale di Modena».