Sarà colpa dell’Expo oppure di una tendenza che si è andata consolidando nel tempo, certo è che il Food & Design è diventato un movimento al centro di convegni universitari e di start up che si alimenta, è il caso di dirlo, non di solo cibo. È creatività di designer, è tecnologia applicata all’oggetto, è una bella tavola e un piatto presentato con fantasia. È immaginazione senza confini di cui il cibo è parte ma non il tutto. Tant’è che per la prima edizione del premio Compasso d’Oro Adi, si è scelto come titolo «Design for Food and Nutrition».

Al suo interno, un occhio speciale per i giovani con un premio dedicato di 30 mila euro. Una filosofia di approccio alla materia che per l’anno nuovo si arricchisce di colori e di forme avveniristiche. Dice infatti Giuseppe Pedrini, responsabile design della Gp&Me azienda leader nel settore: «Tanta ricerca, molte curiosità votate anche all’appeal di immagine. Attenzione alle funzioni più innovative assieme all’uso di materiali performanti che fanno di un prodotto per la casa un oggetto bello e dalle qualità professionali, come l’utensile multiuso per scolare e friggere, in nylon fiberglass resistente alle alte temperature (+250°C)».

GUSTO VISIVO

Cucine innovative da trasporto, piatti che assomigliano a sculture, sedute che ricordano un dolce. Suggestioni che arrivano da Amsterdam che nell’ambito di Meesterlijk ha mostrato il meglio dell’arte e del food olandese. Cento partecipanti e la volontà di promuovere la relazione tra design e artigianato. L’art director Nicole Uniquole sostiene che nel design debba esserci «una scelta attenta sulla qualità e una perfetta fusione tra forma e materiali. Naturalmente alla cura del cibo deve accompagnarsi una presentazione impeccabile, senza dimenticare la sostenibilità perché la nostra costruzione è interamente riciclabile».

Una percezione visiva e psicologica applicata alla progettazione di un piatto. Il Food Design è una disciplina, che si appoggia alle scienze sociali, alla semiotica e alla scienza dei materiali e delle tecnologie per trasformarli. Una metodica al centro di corsi universitari, che insegnano non solo la percezione visiva ma anche la grafica, il packaging, la comunicazione web e forma, colore, spazio e superficie come si trattasse di approfondire un’opera d’arte (A.l.m.a.).

Il cibo che raggiunge la gente e diventa creativo come lo street food; che necessita di cucine attrezzate in spazi minuscoli e di creatività per rendere unico anche un finger food. Sul mono-boccone si sono concentrati artisti equilibristi, un esempio è il k-wine pensato come vassoio che ingloba il bicchiere di vino, riciclabile e multiuso o il Moscardino, posata creata da Iacchetti e Ragni, incrocio perfetto tra cucchiaio e forchetta per una doppia funzionalità; ironia di forma e azzeramento dell’impatto ambientale. Architettura e design si confondono nei flussi di Food Moving un interessante progetto studiato dall’architetto Federico Spagnulo che dialoga con chef e creativi, perché la conoscenza passa attraverso lo scambio di know how diversi in una dinamica di flussi dell’esperienza.

Infine lasciamo che il food design sia comodo come un pouf (Matteo Bianchi) e gustoso come un buon muffin.

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