IL MARTEDI GRASSO E' L'ULTIMO GIORNO DI CARNEVALE

Passata l'Epifania inizia il Carnevale, molto atteso per i balli, canti, travestimenti in maschera e le feste che l'allietano. Le maschere rappresentano i personaggi tipici della commedia dell'arte ma spesso sono di fantasia con preferenza per figure di vecchi e vecchie impersonate da giovani contadini. Il martedi grasso, ultimo giorno di carnevale, era chiamato cosi per la possibilità di potersi abbandonare a una ricca abbuffata. Per Carnevale è di scena il fuoco, che incontriamo in varie consuetudini, come un particolare rito agrario tradizionale dell'ultima sera di carnevale, far lume al grano. I contadini giravano correndo intorno ai campi di grano con paglia accesa, fastelline di legna, ripetendo una cantilena:

“Grano, grano, non carbonchiare,
'll'è l'ultima sera di carnevale.
Tanto al piano che al poggio
una spiga ne faccia un moggio"

Il carbonchio è una malattia che colpisce i cereali a strisciate, detta comunemente carbone per la formazione di una massa nera sulle piante.

Numerose sono le poesie dedicate al Carnevale, due poeti chiantigiani omaggiavano questa bellissima festa in questi bellissimi versi pubblicati sul giornale del Chianti. 

Subitamente, dal grande al piccino,
muta ognuno costumi e vestimento;
chi si fa paggio, chi si fa arlecchino,
chi fa sfoggio di seta e chi d'argento.

Viene soppresso il gergo cittadino
e subentra lo scherzo al complimento;
canta il giullare e suona il mandolino;
par d'esser ritornati al quattrocento.

Il valzer con le rapide sue note
ci rivolge un invito, e in lontananza,
ci fa gustare ebrezze ancora ignote.

Vieni o fanciulla, perchè stai qui sola?
stringiti al fianco mio, corri alla danza,
troppo breve è la vita e il tempo vola.

Galileo Gagli, il Chianti n.8 del 24/2/1895


O voi che nelle danze del veglione
piacer cercate ed accogliete quale
beneficio ed amico crapulone
il vecchio Carnevale,

non la sentite voi questa tonante
minaccia che qual prossima bufera
romba attorno, non grido supplicante
non voce di preghiera;

ma imperiosa, terribile che scuote,
si moltiplica, mutasi in fragore:
la voce è questa che si ripercuote
del secolo che muore!
Si ripercuote dalle abitazioni
più tristi fino alla reggia fastosa,
rauca voce che torbide passioni
rendono spaventosa.

Ed invan la si sfugge! In ogni loco
si svela e irrompe: nell'allegre sale
e nei teatri e balli e in ogni giuoco
lieto di carnevale.

Vedete? Per le vie passa e gavazza
il carnevale: attenti, ora s'avanza
orribil mascherata e fra la pazza
folle balla una danza.

Dalla triste plebalgia circondata
emerge nella ridda coppia infame
che di luridi cencis'è adornata:
sono il Vizio e la Fame.

Lari , il Chianti n.8 del 20/02/1898


PER IL MARTEDI GRASSO NON POSSONO MANCARE I CENCI, I CARATTERISTICI DOLCI DI CARNEVALE



Ingredienti: 3 uova, ½ Kg di farina, 50 g di burro, 70 g di zucchero, 2 bicchieri di archemus, 1 bustina di vaniglia, 1 puntia di Pan degli Angeli, olio per friggere, zucchero al velo;

Lavorare una pasta abbastanza consistente, lasciarla riposare per ¼ d'ora, stenderla e, con la rotella smerlata, tagliarla in diagonale, ottenendo tante strisce che verrano fritte in olio bollente. Spolverizzare con zucchero al velo.

Fonte: Vita in campagna di Lorena Fiorini




Commenti

Post più popolari